Santa Rita da Cascia – la santa degli impossibili

Oggi proponiamo la storia di una delle sante più amate e più invocate, Santa Rita.

Rita Figlia

1381 – 1397

Il vero nome della nostra Santa è Margherita Lotti, figlia di Antonio Lotti e Amata Ferri.
La piccola Margherita di Roccaporena, frazione a 5 km da Cascia, sboccia nel 1371, altri ritengono la data del 1381. Le ipotesi sono due: per la nascita 1371 o 1381, per il trapasso (rispettivamente) 1447 o 1457.
[Le date 1381-1457 sono state riconosciute come ufficiali da Papa Leone XIII quando proclamò Rita Santa.]

In un clima di fragile calma, Antonio e Amata svolgono la funzione di “pacieri”. I genitori di Rita sono particolarmente stimati e gli statuti del libero comune di Cascia affidano loro l’arduo incarico di pacificare i contendenti o almeno evitare stragi cruenti tra famiglie in conflitto.

La famiglia di Rita non è aristocratica, ma comunque benestante. I suoi genitori come pacieri, godono sicuramente di un certo prestigio sociale, morale ed economico. Rita viene battezzata nella chiesa agostiniana di San Giovanni Battista in cima al colle di Cascia. Infatti, in quell’epoca, Santa Maria si trova fuori le mura civiche ed è attestabile, invece, che il fonte battesimale sia in San Giovanni Battista, chiesa situata nel pieno nucleo cittadino (vicino alla chiesa di San Pietro, chiesa matrice di Cascia).

L’unica istruzione che Rita può avere è quella degli Agostiniani: da loro, apprende la devozione verso i suoi santi protettori Agostino, Giovanni Battista e Nicola da Tolentino (che, al tempo di Rita è ancora beato).

Rita Moglie e Madre

1397 – 1406

Come per tante ragazze, anche per la giovane Rita arriva il momento di farsi una famiglia. Il giovane che s’innamora di lei, e che lei ricambia, si chiama Paolo di Ferdinando di Mancino. Non è un giovane violento, come descritto in qualche vita, ma un ghibellino risentito e basta. Rita, quindi, non “ammansisce” affatto Paolo, piuttosto lo aiuta a vivere con una condotta più autenticamente cristiana. Sarà questo il frutto di un amore incondizionato e reciproco illuminato dalla benedizione divina.

Il Signore benedice l’amore dei giovani con la grazia di due bambini, probabilmente gemelli o venuti al mondo a breve distanza tra loro: Giangiacomo e Paolo Maria.

Con la nascita di due figli si richiede sicuramente una condotta più consona e responsabile per Paolo, già uomo d’armi, ma anche una sistemazione domestica. È in questo momento che, probabilmente, la famiglia di Mancino si trasferisce al “Mulinaccio” (di proprietà di Paolo), dove hanno una dimora più grande e la possibilità di gestire un’attività di macinazione del grano direttamente e responsabilmente.

Rita Vedova

1406 – 1407

Paolo di Ferdinando di Mancino viene assassinato nei pressi del “Mulinaccio”, dove si era trasferito con Rita e i suoi due figli. La tradizione colloca l’accaduto intorno al 1406.
Rita se ne accorge, accorre ma non le resta che cogliere il rantolo finale del marito e affrettarsi a nascondere la camicia insanguinata, perché i figli, vedendola, non finiscano col covare vendetta.

Rita perdona di cuore e mai rivelerà il nome degli assassini, anche se questo gesto le costerà il risentimento della famiglia del marito ucciso: i Mancino.

Chiusa nel suo perdono, un timore ancora più grande la affligge: che i suoi ragazzi possano diventare vittime o protagonisti di quella spirale d’odio che s’è innescata. Si spiegano così le preghiere a Dio perché non si macchino di simili atrocità e allontanino da loro il desiderio di vendicare il padre. I due giovani, Giangiacomo e Paolo Maria, muoiono molto presto l’uno dopo l’altro, probabilmente di peste o a causa di qualche altro malanno.

Rimasta sola, tra il 1406 e il 1407 ca., Rita si avvicina sempre più a Cristo sofferente. Secondo la tradizione, risalgono forse a quel momento le inerpicate sulla cima dello Scoglio di Roccaporena.

Rita Monaca

1407 – 1457

Dopo l’assassinio del marito e la tragica morte dei suoi due figli, Rita si rifugia nella preghiera. È in questo momento che deve aver maturato con forza il desiderio di elevare il suo amore ad un altro livello, ad un altro sposo: Cristo.

All’età di circa 36 anniRita bussa alla porta del Monastero di Santa Maria Maddalena. Superate le mille difficoltà, con l’aiuto della preghiera ai suoi tre protettori Sant’Agostino, San Nicola Da Tolentino e San Giovanni Battista, finalmente corona il suo desiderio.

Nel 1407 ca., inizia la sua nuova vita nel Monastero di Santa Maria Maddalena. Qui riceve l’abito e la Regola di Sant’Agostino, che professa e vive nei suoi quaranta anni di permanenza nel Monastero fino alla morte.

Ascesi, contemplazione, preghiera, penitenza, ma anche azione sono state sicuramente le coordinate dei cinquanta anni di vita claustrale di Santa Rita da Cascia.

Si racconta che durante il periodo del noviziato, la Madre Badessa, per provare l’umiltà di sorella Rita, le abbia comandato di piantare e innaffiare un arido legno.
La Santa obbedisce senza indugi e il Signore premia la sua serva facendo fiorire una vite rigogliosa
.
Per questo, la vite è il simbolo della pazienza, dell’umiltà e dell’amore di Rita verso le sue consorelle e, più in generale, verso l’altro. Ancora oggi, la testimonianza di questo prodigio è, per tutti i fedeli, la vite di Santa Rita. Quella che si vede oggi nel chiostro del Monastero non è la stessa della tradizione, risale a più di duecento anni fa. Nonostante ciò continua a rappresentarne il forte valore simbolico.

Sull’esempio dei suoi genitori, Rita si adopera come paciera. Un giorno, un evento sconvolge Cascia e sicuramente non lascia indifferente Rita. Nel 1426, scoppia una vera battaglia tra sostenitori della tabulella Bernardiniana (l’iscrizione YHS usata per indicare Gesù Salvatore degli uomini) e i domenicani uniti agli agostiniani, con a capo il frate teologo Andrea, che le avversano. L’Ordine Agostiniano completa l’iscrizione Bernardiana con il trigramma XPS ( = Cristo ); così facendo sarebbero state messe bene in evidenzia le due nature inscindibili del Salvatore: quella umana e quella divina. La tensione purtroppo degenera in una serie di delitti in cui sicuramente la Santa si è prodigata per riportare la pace. Non a caso, nel suo sarcofago solenne – oggi conservato nella cella di Santa Rita – è riportata tanto la formula Bernardiniana YHS, quanto quella introdotta dagli agostiniani come XPS.

Si legge nell’epitaffio sulla cassa solenneXV anni la spina patisti. Dopo aver attraversato il dolore per la morte dei cari, tra le mura del Monastero, Rita innalza il suo dolore alle sofferenze di Cristo per l’umanità: chiede ed ottiene dall’Amato, come pegno d’amore, di diventare partecipe ancora di più alla Sua sofferenzaÈ il 1432. Un giorno, mentre è assorta in preghiera, forse memore della predicazione sulla passione di Cristo fatta da fra Giacomo della Marca nel 1425 presso la chiesa di Santa Maria e, ancor più, formata alla spiritualità agostiniana incentrata sull’amore verso l’umanità di Cristo (che trova la sua più alta espressione nella passione), chiede al Signore di renderla partecipe alle sue sofferenze. Non sappiamo cos’è accaduto in quel momento, una luce, un lampo, una spina staccatasi dal Crocifisso le si conficca nella fronte e nell’anima.

Durante questo periodo, Rita fa l’unico viaggio della sua vita fuori dei confini del Comune cascianova a Roma in pellegrinaggio penitenziale a piedi. La tradizione collega il viaggio alla canonizzazione di Nicola da Tolentino del 1446. Per l’occasione, la piaga sulla fronte di Rita si rimargina prima della partenza e si riapre poi al suo ritorno a Cascia.

Ancora oggi chi visita il Monastero, può vedere quello che secondo la tradizione è il Cristo del prodigio. Non è certo se sia avvenuto o meno veramente lì, ma la sostanza del fatto, storicamente provato, resta indiscutibilmente la stessa; anzi, forse il volere collocare il miracolo davanti ad un crocifisso dipinto esclude ogni causa traumatica naturale. Sicuramente Rita ha vissuto questo dono con molta umiltà, senza farne mai vanto, parlando poco della sua ferita e presentandola come tale: una piaga.

Subito dopo la sua morte, Rita viene venerata come protettrice dalla peste, probabilmente per il fatto che in vita, suor Rita Lotti si era dedicata alla cura degli appestati, senza mai contrarre questa malattia. Da qui deriverebbe l’attribuzione di santa dei casi impossibili.

Rita Sale al Cielo

1457

Nell’inverno precedente la sua scomparsa, gravemente ammalata, Rita trascorre lunghi periodi nella sua cella. Probabilmente la nostalgia per la sua Roccaporena, il ricordo di Paolo e dei figli si fa sentire vivo. Forse Rita, che ha sempre pregato per le loro anime, ora che sente avvicinarsi la fine, avverte una pena in cuore: sapere se il Signore abbia accolto le sue sofferenze e preghiere in espiazione dei peccati dei suoi cari. Chiede un segno all’Amore e il cielo le risponde.

(Fonte santaritadacascia.org )

La Beata Maria Rosa di Gesù

Beata Maria Rosa di Gesù

Bruna Pellesi nasce a Morano di Prignano sulla Secchia (MO), il 10 novembre 1917, ultima di nove fratelli, da genitori contadini dalla fede profonda.
Trascorre la giovinezza dedicandosi alla cura dei suoi nipoti rimasti orfani di madre; a 23 anni segue finalmente il suo ideale ed entrare tra le Suore Terziarie Francescane di Sant’Onofrio, dove a 23 anni veste il saio francescano col nome di Suor Maria Rosa di Gesù. Dopo tre anni di insegnamento nella scuola materna le viene diagnosticata la tubercolosi polmonare. Trascorre 27 anni in sanatorio: tre a “Pineta” di Gaiato (MO) e 24 al Pizzardi di Bologna (oggi Bellaria). Il completo abbandono a Gesù trasfigura il dolore in un canto d’amore, in gioia profonda, in offerta di se stessa per l’umanità intera. Spira nel convento San Giuseppe di Sassuolo il 1° dicembre 1972, a 55 anni.
Papa Benedetto XVI ne ha decretato la Beatificazione per il 29 aprile 2007, nella Basilica Cattedrale di Rimini, La sua festa liturgica è stata fissata il 1° dicembre di ogni anno. I suoi Resti mortali riposano nella cappella della chiesa di Sant’Onofrio in Rimini.

Le suore missionarie francescane di Cristo

La storia ha inizio nel 1885 grazie alla grande intuizione di una donna riminese: al secolo Faustina Zavagli. Faustina nasce a Rimini il 4 ottobre del 1835 e viene battezzata nella chiesa cattedrale di Rimini dove vive per 13 anni vive, sotto la dolce guida dei suoi genitori, Ettore Zavagli e Enrichetta Cappi.
Fino a 25 anni troviamo Madre Teresa nel Monastero delle Canonichesse Regolari Agostiniane a Fano, dal 1848 come educanda e dal 1854 come monaca corista professa.
Dopo 7 anni di vita monacale, nel 1861, torna a Rimini per motivi di salute e pur desiderandolo non potrà più rientrare nel chiostro.
Per 25 anni vivrà come monaca esclaustrata, prima in famiglia, presso la sorella Elvira, e poi in un appartamento in via Garibaldi, 62, a Rimini. Inizia per Faustina la lunga, arida ricerca della Volontà di Dio su di lei, tra sofferenze fisiche e contrasti morali di vario genere.
Nel 1874 diviene Terziaria Francescana secolare e nel 1885, si illumina per Lei un nuovo sentiero. Nelle parole del Vescovo Francesco Battaglini arriva la tanto attesa conferma della Madre Chiesa: “Figlia, guardati attorno e servi!”.
Il 16 aprile 1885, nella chiesetta Sant’Onofrio, Madre Teresa emette i Voti nelle mani di Padre Fiorenzo Ceccarelli e prende il nome di Teresa di Gesù Crocifisso assieme alla sua domestica, Suor Maria Dell’Addolorata, che diventa così la sua prima Sorella.
Madre Teresa chiama il suo modesto convento “Ritiro di Sant’Onofrio” e lì accoglie le prime Sorelle. La prima piccola fraternità prende il nome di Suore Cappuccine del Terz’Ordine e successivamente quello di Suore Terziarie Francescane di Sant’Onofrio. Denominazione che rimarrà fino al 1972 per essere poi sostituita da quella attuale di Suore Francescane Missionarie di Cristo..
Gli inizi sono caratterizzati dalla visita ai borghi poveri della città di Rimini a cui farà seguito l’apertura di un’opera educativa a servizio delle bambine povere incontrate nelle visite quotidiane.
Nel 1888 Madre Teresa precorre i tempi della missione e manda le prime Sorelle, a Sassuolo (MO) per servire nell’Istituto san Giuseppe le centinaia di orfane e bimbe povere della terra reggiana.
Muore a Rimini, ai Vespri del 6 novembre 1910 e, tessendo l’elogio funebre il giornale l’Ausa scrive: “Madre Teresa era pensosa più d’altrui che di se stessa. Frequentò ogni giorno le vie che portavano all’ospedale o alle case dei pescatori; divenne povera per avere aiutato i poveri di Gesù Cristo”.
Dal 1959 i suoi Resti Mortali riposano nella Chiesetta di Sant’Onofrio in Rimini.​

Fonte (www.taufiorito.info)